Un patto tra governo, regioni e imprese. Su questo si basano gli Accordi per l’innovazione, uno strumento di agevolazione alla ricerca nato nel 2017 e per il quale ora arrivano 1 miliardo di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e nuove regole. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha firmato il decreto che ridisegna la misura agganciandola agli obiettivi tecnologici del programma Ue “Orizzonte Europa” e definendo di conseguenza 6 tecnologie chiave e 18 aree di intervento prioritarie per la politica di innovazione in Italia.
Il Pnrr destina questa misura, attraverso le risorse del Fondo complementare nazionale, 100 milioni per il 2021, 150 milioni per il 2022 e 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025. Un miliardo in tutto, per progetti che il Piano ritiene sinergici alla componente “Dalla ricerca alle imprese” della missione dedicata a istruzione e ricerca.
Il punto di partenza è la sottoscrizione di un accordo tra ministero e imprese di qualsiasi dimensione, con cofinanziamento (che tuttavia non è obbligatorio) delle regioni coinvolte, finalizzato a supportare progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di rilevante impatto tecnologico. Le agevolazioni, concesse sulla base di una procedura valutativa negoziale, consistono in un contributo diretto alla spesa e, eventualmente, in un finanziamento agevolato alle imprese pari al massimo al 20% del progetto, nei limiti delle intensità di aiuto del 50% per la ricerca industriale e del 25% per lo sviluppo sperimentale. Per far scattare i nuovi incentivi, dopo la registrazione del decreto ministeriale da parte delle Corte dei conti, serviranno due distinti provvedimenti del direttore generale per gli incentivi del ministero dello Sviluppo (Mise) che stabiliranno la data di apertura di altrettanti sportelli agevolativi, ciascuno da 500 milioni. Il Mise dovrà completare le istruttorie entro 70 giorni dalle domande.
I progetti di ricerca devono riguardare un’unità posta in Italia, con costi ammissibili di almeno 5 milioni, avviati successivamente alla presentazione della domanda e comunque non oltre 3 mesi dalla concessione dell’incentivo e devono avere una durata comprese tra 18 e 36 mesi per concludersi, in ogni caso, entro il 31 dicembre 2026, data di chiusura del Pnrr. Sono ammessi anche progetti congiunti tra più imprese, aperti a organismi di ricerca e per alcune linee di intervento agli imprenditori agricoli, ma in questo caso ciascun proponente deve sostenere almeno il 10% dei costi. I progetti congiunti accedono a una maggiorazione dei contributi diretti.
Le attività di ricerca devono essere effettuate in un perimetro molto dettagliato. Deve cioè essere utilizzata una tra sei specifiche tecnologie abilitanti fondamentali: materiali avanzati e nanotecnologia; fotonica e micro/nano elettronica; sistemi avanzati di produzione; tecnologie delle scienze della vita; intelligenza artificiale; connessione e sicurezza digitale. Non solo: queste tecnologie devono avere ricadute concrete in quattro poli tematici scelti dall’Italia, tra quelli indicati dalla Ue, perché a più alta concentrazione di Pmi: “Salute”, “Digitale, industria e spazio”, “Clima, energia e mobilità” e “Prodotti alimentari, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura e ambiente”. L’allegato tecnico al decreto descrive poi nel dettaglio i quattro poli tematici, ripartendoli in 18 specifiche aree di intervento: tecnologie di fabbricazione, tecnologie digitali fondamentali (comprese quelle quantistiche), tecnologie abilitanti emergenti, materiali avanzati, intelligenza artificiale e robotica, industrie circolari, industria pulita a basse emissioni di carbonio, malattie rare e non trasmissibili, malattie infettive, medicina personalizzata e strumenti digitali per l’assistenza, impianti industriali nella transizione energetica, competitività industriale dei trasporti, mobilità e trasporti sicuri, mobilità intelligente, stoccaggio dell’energia, sistemi alimentari, sistemi di bio-innovazione, sistemi circolari.
Fonte Il Sole 24 Ore
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