Il primo bilancio degli incentivi fiscali 4.0 finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza fa segnare quota 2,2 miliardi di euro. Un dato provvisorio, che costituisce comunque una base di partenza nella valutazione della misura che arriva tra poche settimane al bivio della legge di bilancio, appuntamento decisivo per eventuali ritocchi alle misure che hanno ancora una durata pluriennale o per proroghe di quelle in scadenza.
Il rapporto del ministero dello Sviluppo economico sullo stato di attuazione degli interventi Pnrr, uno degli atti finali dell’ex ministro Giancarlo Giorgetti, riporta gli ultimi dati disponibili dell’Agenzia delle entrate, relativi ai crediti d’imposta maturati nel 2020 sulla base delle dichiarazioni dei redditi. Supera di poco 2,2 miliardi di euro il credito complessivamente maturato secondo i criteri Pnrr, tenendo conto dunque degli investimenti effettivamente ammissibili sulla base della clausola “do no significant harm”, cioè non arrecare danni agli obiettivi ambientali. In particolare il totale immediatamente imputabile al Pnrr - per gli incentivi all’acquisto di beni strumentali - è di 900,9 milioni cui vanno sommati i crediti d’imposta sempre coperti dal Pnrr ma imputabili solo dal 2021 cioè i bonus per la ricerca e sviluppo e il bonus per la formazione 4.0. La tabella va in dettaglio e scompone così l’ammontare: 963,2 milioni per i beni strumentali 4.0 (quelli funzionali cioè alla digitalizzazione), 20,2 milioni per i software 4.0, 7,4 milioni per i beni strumentali e i software tradizionali, 805,1 milioni per la ricerca e sviluppo, 403,3 milioni per la formazione. I beneficiari sono complessivamente 48.536 con un credito medio di 45.871 euro.
Questi dati dovrebbero essere un elemento di valutazione importante a disposizione del Comitato scientifico per la valutazione dell’impatto economico del piano Transizione 4.0, che come previsto dal Pnrr è stato istituito un anno fa ma non ha ancora pubblicato analisi sul tema. Gli obiettivi fissati dal Pnrr sembrano comunque a portata di mano. L’asticella è stata posta abbastanza in basso, a 69.900 beneficiari entro la metà del 2024 sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022 e, entro la metà del 2025, a 111.700 per le dichiarazioni presentate tra il 2021 e il 2023.
Il piano Transizione 4.0 deve passare nel frattempo per il consueto passaggio della legge di bilancio. Sembra improbabile, almeno allo stato attuale, che vengano rifinanziate due delle misure in scadenza a fine anno, cioè i crediti di imposta per i macchinari tradizionali (l’ex “superammortamento”) e per i software diversi da quelli per la digitalizzazione. Molto più aperto invece il discorso sul bonus formazione 4.0, anch’esso in scadenza.
Per gli altri incentivi è invece ammessa la spesa su investimenti che vanno oltre il 2022. Il bonus per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale è in piedi fino al 2031, quelli per innovazione tecnologica e design fino al 2025. I crediti di imposta per i beni materiali e immateriali 4.0 copriranno investimenti effettuati fino a tutto il 2025, con coda fino a metà 2026 per le consegne. Ed è proprio su quest’ultima categoria di agevolazioni che la legge di bilancio potrebbe riservare le modifiche più rilevanti, con un aggiornamento della platea degli investimenti ammissibili puntando di più su quelli per l’efficienza energetica e la transizione ecologica.
Fonte Il Sole 24 Ore
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