Allo studio un accorpamento per 4.0 e 5.0
- Administrator
- 4 set
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I ministeri sono in pressing per prorogare gli interventi 4.0 e 5.0 in prossima scadenza.
Nel Rapporto di valutazione sull’efficacia del piano Transizione 4.0, il ministero dell’Economia aveva calcolato che i crediti d’imposta per l’acquisto di beni materiali 4.0 avevano sforato ogni previsione di spesa, attestandosi a oltre 6,9 miliardi di euro nel 2022. Di qui la decisione, formalizzata nell’ultima legge di bilancio, di fissare un tetto a 2,2 miliardi di euro. Per quanto riguarda i crediti d’imposta per l’innovazione, al 2022 la spesa aveva superato il miliardo di euro (incluso il bonus per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale che è l’unico a lungo termine, in scadenza nel 2031).
Per quanto riguarda Transizione 5.0, il piano ha lentamente accresciuto il suo appeal per le imprese che hanno iniziato a familiarizzare con i complessi oneri burocratici imposti dalle regole del Pnrr, parzialmente semplificate da vari interventi del ministero delle Imprese. Non abbastanza però per centrare i target del Pnrr, che prevedono la conclusione dei progetti di investimento entro il 31 dicembre 2025. C’è stato nei mesi scorsi un confronto costante tra le strutture tecniche dei ministeri e i funzionari della Ue per strappare una possibile proroga tecnica, ma al momento senza successo. Una delle ipotesi era consentire di riconoscere ammissibili anche investimenti che, alla data del 31 dicembre 2025, potessero contare almeno su un acconto del 20%, lasciando poi tempo alle aziende di completare il progetto entro la fine del 2026 o del 2027. Ma il via libera non è arrivato, complici a quanto pare anche i dubbi del ministero dell’Economia per un problema di ridefinizione delle coperture che avrebbe coinvolto risorse statali.
Ecco dunque il piano alternativo, che dovrebbe passare per un accorpamento dei crediti d’imposta 4.0 e 5.0, disegnando una misura con minori obblighi rispetto a quelli che erano imposti dal Pnrr, ad esempio in relazione al principio Dnsh (non arrecare danni significativi all’ambiente) che ha escluso diverse attività industriali energivore. L’idea sarebbe utilizzare allo scopo risorse nazionali che si libererebbero, coprendo invece con gli avanzi del Pnrr altri tipi di interventi, a cominciare dai contratti di sviluppo.
Fonte Il Sole 24 Ore